2.3 LE ORGANIZZAZIONI: I SERVIZI
Le organizzazioni, sia che producano servizi sia che producano beni materiali, prestano sempre più attenzione agli aspetti intangibili che accompagnano i prodotti e la produzione. Che il prodotto sia un’auto, un computer, una lavatrice o un abbonamento a una compagnia telefonica, il servizio (quello alla clientela, per esempio) è sempre più parte integrante e qualificante. Talvolta, si preferisce un prodotto di una determinata marca a quello di un’altra proprio per i servizi connessi: una compagnia telefonica può essere preferibile a un’altra perché ha un servizio clienti molto efficiente o perché offre determinati servizi aggiuntivi ai suoi abbonati; lo stesso dicasi per un’automobile o uno smartphone. Del resto, in un mondo globalizzato, in cui i prodotti abbondano ed è possibile acquistarli senza recarsi fisicamente in negozio, i servizi collegati e l’attenzione per il cliente divengono proprio quegli elementi che possono fare la differenza.
Sull’esempio della Toyota, le organizzazioni si distinguono oggi anche per il loro porre sempre più attenzione alla costruzione dell’identità e della cultura organizzativa. Imprese quali Google o Apple rappresentano gli esempi più famosi di come oggi le aziende costruiscano la loro cultura e la loro immagine attorno ad alcune caratteristiche specifiche: i rapporti informali, il lavoro come passione e l’esaltazione della creatività individuale.
Inoltre le organizzazioni dedicano molta attenzione alle attività di ricerca e sviluppo e investono sempre di più nei processi di digitalizzazione e automazione, tanto nel campo dell’industria, quanto dei servizi. Non a caso, da alcuni anni si parla di “industria 4.0”, proprio per indicare la tendenza a creare nuovi modelli di business e aumentare la produttività degli impianti e la qualità dei prodotti attraverso l’uso integrato di diverse tecnologie.
Cambiano di conseguenza le competenze e le abilità ricercate: il ▶ problem solving rimane la competenza non specifica più richiesta, e parallelamente, diventano più importanti la creatività e la capacità di pensare fuori dagli schemi tradizionali.
L’immagine a fianco (1), per esempio, riassume efficacemente alcuni dati che inquadrano il livello di “tecnologizzazione” delle imprese rilevato dall’Istat in Italia nel 2018.
I valori riportati sono quelli medi, dunque bisogna guardare un po’ più nel dettaglio. Del campione fanno infatti parte imprese diversissime, sia per prodotto e settore di mercato, sia per dimensioni. In particolare, c’è un ampio divario tra grandi e piccole imprese nel livello di digitalizzazione e di investimento in specifiche figure professionali.
Il grafico a fianco (2), per esempio, mostra come livelli “alti” o “molto
alti” di digitalizzazione siano presenti nel 44% delle imprese con almeno 250 addetti e solo nel 12,2% delle imprese da 10 a 49 addetti.Lo stesso dicasi per l’investimento in figure professionali con competenze
ICT, dove il divario tra imprese con almeno 250 addetti e imprese da 10 a 49 addetti è ancora maggiore, come indicato dal grafico a fianco (3).Al pari di ciò che accade con la scienza e la tecnologia, infine, nell’età postindustriale le organizzazioni sono sempre più in contatto con la società. Ciò vuol dire che le organizzazioni vengono valutate non solo per quella che è la loro performance economica, ma anche in base a criteri di etica e responsabilità sociale. Il trattamento riservato ai lavoratori e il rispetto dei loro diritti, l’attenzione per gli impatti ambientali derivanti dalla produzione, il tipo di valori che l’organizzazione promuove divengono così parte della sua immagine e identità, al punto, in alcuni casi, da incidere sul suo successo | ▶ APPROFONDIAMO |. Non a caso, sempre più organizzazioni certificano la qualità, la provenienza e la sostenibilità delle loro filiere produttive. Basti pensare a tutti i prodotti “bio” che si trovano nei supermercati o ai prodotti del cosiddetto “mercato equo e solidale”, che cercano di valorizzare le piccole aziende dei paesi in via di sviluppo.