4. Pareto e gli elitisti

4. Pareto e gli elitisti

4.1 LOGICA RAZIONALE ED ELITISMO

Vilfredo Pareto | ▶ L’AUTORE | fu uno dei più importanti economisti della sua epoca ed ebbe anche una rilevante influenza nella sociologia e nella teoria politica, soprattutto nel contesto italiano. In sintonia con i suoi studi in ambito economico, che riguardavano la distribuzione efficiente e razionale dei redditi tra i membri della società, egli concepì una serie di concetti sociologici in grado di aiutare a comprendere le ragioni che muovono le azioni degli individui, a prescindere dai differenti contesti storici e geografici in cui essi vivono.
Pareto si concentrò sul fatto che raramente le persone agiscono in base a una logica razionale, ovvero un ragionamento logico rispetto agli strumenti da utilizzare e agli obiettivi da raggiungere. Spesso i comportamenti individuali sono caratterizzati da azioni apparentemente inefficienti o, in altre parole, irrazionali.
È questo il punto di partenza da cui muove la sua intera riflessione sociologica, riassumibile in tre punti principali:
  • la teoria dell’azione non-logica;
  • la teoria dei residui e delle derivazioni;
  • la teoria della circolazione delle élite.
Soprattutto in relazione a quest’ultima, Pareto è considerato il maggior esponente di un più ampio gruppo di studiosi legati alla cultura italiana che, all’inizio del Novecento, sviluppò un’interpretazione della società basata sul ruolo rivestito da ristretti gruppi di uomini dotati intellettualmente e caratterialmente: le cosiddette ▶ élite. Si tratta della corrente dell’elitismo, una teoria politica basata sul concetto del “principio minoritario”, secondo il quale il potere di uno Stato è sempre in mano a una piccola minoranza.

l’autORE  Vilfredo Pareto

Vilfredo Pareto (1848-1923) nasce a Parigi da una famiglia, in parte, di origine italiana. Ancora bambino, si trasferisce in Italia e qui studia ingegneria e lavora per alcune grandi imprese. Pur avendo una formazione da ingegnere, contribuisce in modo determinante alla costituzione del pensiero sociologico italiano, anche se il suo nome oggi rimane legato soprattutto alle sue teorie in ambito economico. Nel 1897 l’università di Losanna gli affida un corso di sociologia, incarico che lo costringe ad approfondire sistematicamente la disciplina. Grazie alla sua provenienza dall’alta borghesia, per cui gode dei numerosi vantaggi economici garantitigli da questa condizione privilegiata, può lasciare progressivamente l’insegnamento e dedicarsi a tempo pieno alla stesura delle sue grandi opere: il Manuale di economia politica (1906) e il Trattato di sociologia generale (1916). Riveste anche incarichi politici, tanto che nel 1922, su invito di Benito Mussolini, è tra i rappresentanti dell’Italia presso le Nazioni Unite e l’anno successivo è proposto per un seggio di Senatore del Regno che, però, non ha il tempo di ricoprire.

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4.2 LA TEORIA DELL’AZIONE NON-LOGICA

Pareto riflette sui comportamenti individuali constatando che spesso hanno poco di razionale e si presentano come privi di un ragionamento logico. L’agire umano, infatti, è costituito da un insieme di elementi soggettivi, basati sulle percezioni individuali, e da comportamenti oggettivi, fondati invece sulle effettive caratteristiche delle azioni che possiamo osservare dall’esterno. Da questa idea deriva la distinzione, centrale nel pensiero di Pareto, tra le azioni logiche e le azioni non-logiche compiute dagli individui o dai gruppi nella vita sociale.
  • Le azioni logiche sono quelle che si basano su una corrispondenza tra la percezione soggettiva dell’individuo e le condizioni oggettive nella società. Si tratta delle azioni che appaiono ispirate a un ragionamento razionale, consequenziale rispetto ai fini che ci si prefissa di raggiungere.
  • Le azioni non-logiche sono invece caratterizzate da una mancata corrispondenza tra le percezioni individuali e le condizioni oggettive in cui un individuo deve compiere una scelta in una situazione concreta. Questo tipo di azioni sono influenzate o da aspetti culturali, per cui si ha un agire meccanico ispirato da tradizioni cristallizzate o da credenze religiose, o da aspetti psicologici, per cui si compiono certe azioni istintivamente, sotto la guida di sentimenti o emozioni.
    ESEMPIO: un’azione non logica potrebbe essere quella che compie un individuo che vuole guarire da una malattia, ma che invece di rivolgersi a un medico o all’ospedale (azione logica) chiede aiuto a un mago o un chiromante.
Pareto riteneva che solo poche delle azioni compiute dagli individui fossero basate su un ragionamento razionale, convinto com’era che la vita sociale fosse caratterizzata proprio dal prevalere di comportamenti di tipo nonlogico che, tuttavia, gli individui sono portati a descrivere come dotati di una qualche logica o giustificazione razionale. È da quest’ultima considerazione che deriva la seconda fondamentale teoria elaborata dal sociologo italiano: la teoria dei residui e delle derivazioni.

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4.3 LA TEORIA DEI “RESIDUI” E DELLE “DERIVAZIONI”

Per meglio comprendere le dinamiche che guidano le azioni non-logiche degli individui all’interno della società, Pareto cerca di capire quali siano i meccanismi ricorrenti che generano queste azioni errate da un punto di vista del calcolo razionale. Elabora, così, due nuovi concetti: i residui e le derivazioni.
Col termine residui | ▶ APPROFONDIAMO | egli indica tutti quegli impulsi, basati su un insieme di aspetti istintuali e culturali, che guidano l’uomo a compiere azioni sganciate da calcoli logici. Tra questi sentimenti e istinti troviamo la spinta verso le necessità materiali e biologiche (come la componente sessuale), il bisogno di sentirsi parte di una comunità, l’esigenza di manifestare i propri sentimenti affettivi in pubblico. Queste tendenze “residuali” degli individui costituiscono il motore delle azioni non-logiche e la loro comprensione risulta particolarmente importante nel momento in cui vogliamo capire il funzionamento della società.
Quando le persone agiscono sotto l’influenza dei residui, tendono a giustificare i loro comportamenti attraverso teorie o spiegazioni che hanno apparentemente un fondamento logico. Pareto definisce queste giustificazioni con il termine derivazioni: gli individui tendono a mascherare la propria base istintuale e irrazionale, producendo a posteriori spiegazioni razionali delle proprie azioni.
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approfondiamo  I SEI TIPI DI RESIDUI DI PARETO

Pareto riconosce sei differenti tipi di residui principali.
  • Il primo tipo è il residuo chiamato “dell’istinto delle combinazioni” e consiste nello slancio tipico della natura umana verso l’innovazione, la novità e l’avventura.
  • Il secondo tipo riguarda la “persistenza degli aggregati”, che sono il fondamento dell’attitudine conservatrice del comportamento umano, come la fedeltà al gruppo e alla famiglia o il desiderio di stabilità.
  • Il terzo tipo riguarda il “bisogno di manifestare con atti esterni i sentimenti” e comprende le cerimonie religiose, i rituali o gli atti di commozione, come quello che si verifica quando si assiste all’inno nazionale.
  • Il quarto tipo riguarda la “relazione con la società” e comprende l’impulso a costruire gruppi e associazioni e, dunque, abbraccia anche il sentimento di solidarietà e il senso di appartenenza a una comunità.
  • Il quinto tipo è quello definito come “l’integrità dell’individuo e delle sue dipendenze” e riguarda il senso del possesso e della proprietà.
  • Il sesto tipo di residui consiste nell’istinto sessuale, che non riguarda solo il desiderio sessuale, ma tutti gli aspetti che coinvolgono la dimensione della sessualità nei rapporti sociali.

4.4 LA TEORIA DELLA CIRCOLAZIONE DELLE ÉLITE

Pareto completa il suo impianto teorico estendendo il suo lavoro alla comprensione scientifica dei principi che regolano il funzionamento della politica nella societàEgli elabora la teoria della circolazione delle élite che lo accomuna ad altri studiosi del suo tempo, detti “elitisti”.
Per Pareto, la società è innanzitutto un sistema che deve rimanere in equilibrio e in cui il governo della collettività deve essere guidato da un ristretto gruppo di individui particolarmente dotati. Per comprendere, dunque, il meccanismo attraverso il quale una società riproduce l’equilibrio politico al proprio interno, egli si concentra sul ruolo che nella politica rivestono le élite, o classi elette, in grado di guidare la moltitudine di individui che compongono la società. Egli distingue due differenti tipi di élite rispetto al ruolo che essi ricoprono all’interno della società:
  • le élite di governo, composte da persone che direttamente o indirettamente svolgono una parte importante nell’amministrazione della società;
  • le élite non di governo, impegnate in altri ambiti sociali, come le professioni o l’arte.
Per comprendere il funzionamento delle élite è necessario, secondo Pareto, osservare come, tra gli individui che compongono le oligarchie di governo, siano ricorrenti due tipi di mentalità differenti ma complementari: le volpi e i leoni.
  • Le volpi sono caratterizzate da una tendenza alla trasformazione e al mutamento, dotate di fantasia e di una particolare astuzia da utilizzare nella lotta politica.
  • I leoni sono invece espressione della tendenza alla conservazione e alla tradizione, capaci di utilizzare la forza per affrontare i conflitti.
L’equilibrio di una società, per Pareto, dipende dal costante e ciclico alternarsi di leoni e volpi. Il compensarsi delle due diverse tendenze diviene, inoltre, la migliore garanzia di un costante rinnovamento della classe dirigente di una nazione.
Se per qualche ragione la circolazione delle élite dovesse mal funzionare o squilibrarsi, allora i governi potrebbero regredire in burocrazie fossilizzateincapaci di rinnovarsi, o degenerare in regimi fiacchi, litigiosi e incapaci di intraprendere iniziative coraggiose per trasformare la società. Potrebbe avvenire così che, in una tale situazione, il popolo rovesci le élite al governo, per esempio attraverso una rivoluzione, dando vita a un nuovo regime basato su élite rinnovate, come accaduto nel caso della Rivoluzione francese del 1789.
La teoria della circolazione delle élite di Pareto fa parte di una più vasta teoria elitista della società, elaborata da altre importanti figure intellettuali italiane, tra le quali le più note sono quelle di Gaetano Mosca e di Roberto Michels.

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4.5 GAETANO MOSCA E IL RUOLO DELLA “CLASSE DIRIGENTE”

Gaetano Mosca (1858-1941) fu soprattutto un giurista e un teorico dei fenomeni politici ed è noto, in particolare, per aver elaborato ulteriormente il tema del ruolo delle élite nella vita politica. Come Pareto, Mosca ricoprì importanti incarichi politici. Tuttavia, egli si schierò apertamente contro il regime fascista istaurato da Mussolini.
Le idee di Mosca sono contenute in “La classe politica”, un importante capitolo della sua opera Elementi di scienza politica (1896), considerata uno dei maggiori contributi per la nascita della scienza politica in Italia.
L’idea centrale del pensiero di Mosca è che, indipendentemente dalle forme specifiche di governo di volta in volta adottate, il potere è sempre detenuto da una minoranza organizzata di individui, che egli definisce, appunto, col termine di classe politica. Questa classe, che oggi chiameremmo “dirigente”, comanda sul resto della popolazione non per la ricerca del bene dell’intera popolazione, ma con l’obiettivo di mantenere il potere per tutelare gli interessi del proprio gruppo.
Sebbene dunque questa classe dirigente agisca per il proprio tornaconto, tuttavia essa cerca sempre di legittimare il proprio comportamento attraverso forme di giustificazione fondate su principi astratti e superiori, su indicazioni morali o riferimenti giuridici. Mosca definisce queste giustificazioni come formule politiche, che hanno l’obiettivo di fare accettare il fatto che una minoranza detiene il potere sull’intera popolazione.
ESEMPIO: quando un re afferma di comandare per volontà di Dio egli non fa altro che esprimere una “formula politica” in grado di giustificare il proprio potere personale alla luce di ragioni superiori cui il popolo deve adattarsi. Come Pareto, anche Mosca osserva che il governo di un paese si regge su una costante alternanza tra differenti tipi di élite. Egli ritiene, infatti, che difficilmente un’élite possa mantenersi a lungo al governo senza coinvolgere, nel corso del tempo, nuove cerchie sociali ai posti di comando, poiché il potere può affievolirsi o perdere le caratteristiche necessarie per imporsi sulla popolazione.

4.6 ROBERTO MICHELS E LA “FERREA LEGGE DELL’OLIGARCHIA”

Roberto Michels (1876-1936) è stato un sociologo di origine tedesca naturalizzato italiano. Studiò con Max Weber e partecipò alla vita scientifica e politica in patria fin quando, nel 1907, si trasferì per insegnare all’università di Torino. Socialdemocratico deluso, il suo pensiero è stato oggetto di critiche soprattutto perché, una volta in Italia, sostenne Mussolini e il regime fascista.
È noto soprattutto per il suo libro sul funzionamento dei partiti politici, intitolato La sociologia del partito politico nella democrazia moderna (1912), in cui riprende, sul piano della riflessione politica, una sua precedente teoria sociologica: la “ferrea legge dell’oligarchia”.
Secondo questa legge, anche nei regimi dichiaratamente democratici, chi comanda non è tutto il popolo, ma un’⇒ oligarchia. Questo avviene poiché le organizzazioni, come i partiti o le industrie, hanno l’esigenza di centralizzare il potere e assumere in fretta e senza lunghe discussioni collettive le proprie decisioni. Tale tendenza alla formazione di un potere oligarchico – che Michels definisce come una legge immutabile – rappresenta uno dei maggiori problemi che impediscono a uno Stato di essere gestito attraverso meccanismi propriamente democratici.
Secondo Michels, infatti, per mantenere la propria efficacia, qualsiasi grande organizzazione ha bisogno di creare una propria burocrazia e una gerarchia interna, la quale utilizzerà tutti i mezzi necessari per preservare e aumentare ulteriormente il proprio potere.
Sono numerosi i fenomeni che Michels associa alla centralizzazione del potere nelle mani di un’oligarchia. In primo luogo la necessità di far emergere un leader forte o un gruppo di individui in grado di comandare, ma anche il fatto che i politici tendono a diventare “professionisti della politica” e, dunque, a non voler più cedere il posto di comando una volta conquistato.
Queste idee di Michels, che sono in sintonia con la prospettiva degli altri teorici elitisti, miravano soprattutto a mettere in discussione una delle principali idee emerse con il positivismo e l’Illuminismo: il fatto che il diffondersi delle democrazie moderne coincidesse con l’affermarsi di governi in grado di garantire il bene di tutti i cittadini e non solo quello delle classi o dei gruppi sociali privilegiati.
per lo studio
1. Perché i sociologi che hai studiato nell’ultimo capitolo sono definiti con il termine di “elitisti”?
2. Quali sono le azioni non-logiche secondo Pareto?
3. Che cosa intende Pareto con il termine di “derivazioni”?
4. Che cosa intende Mosca con il termine di “formula politica”?


  Per discutere INSIEME 

Considerate la distinzione di Pareto tra le azioni logiche e le azioni non-logiche. Provate a immaginare questa distinzione nella vostra esperienza quotidiana. Riuscite a individuare un vostro comportamento riconducibile alle “azioni non-logiche”? Provate a raccontarvi a vicenda l’azione scelta cercando di far capire agli altri perché appartiene a questo genere di comportamenti.

I colori della Sociologia
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Secondo biennio e quinto anno del liceo delle Scienze umane